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luoghi insoliti e curiosi
Graziella Martina
Parigi
di
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I arrondissement

Bourse de Commerce
Borsa di Commercio
Rue de Viarmes
Métro Châtelet o Louvre

Nel 1749, un grande incendio distrusse l’Hôtel de Soissons, che sorgeva in questo luogo. Fu sostituito da un edificio circolare, progettato nel 1763 da Le Camus de Mézières nel 1763 e adibito a magazzino per grano e farina. Questo edificio aveva una cupola di legno, che bruciò nel 1802 e venne sostituita da una di ferro, anch’essa distrutta da un incendio nel 1854. La Halle au Blé, il mercato del grano, fu allora spostato e questa divenne la sede della Borsa di commercio. La costruzione è opera dell’architetto Viarmes. La cupola neoclassica è decorata da quattro grandi affreschi, che raffigurano il commercio internazionale, simboleggiato dalla Russia, dall’Europa, dall’Asia e dall’Africa, separati da personaggi trompe-l’oeil. Dal centro dell’edificio della Borsa si afferra, con un solo colpo d’occhio, tutto il pianeta. Le grandi correnti del traffico internazionale si sono create molti secoli fa, in seguito alle scoperte geografiche, che determinarono la trasformazione, dal punto di vista commerciale, di molti stati. La Francia ha partecipato con crescente affermazione agli scambi, grazie ai suoi porti atlantici di Saint-Malo, La Rochelle e Bordeaux. Il paese esportava vino e cereali e importava prodotti ornamentali, di lusso o complementari alle industrie manifatturiere, mentre le colonie americane fornivano zucchero, tabacco e pellicce. La navigazione internazionale era al massimo dell’espansione, quella interna era favorita dall’apertura di numerosi canali navigabili, come il canale del Mezzogiorno e il canale di Briare. Gli scambi commerciali internazionali hanno continuato a salire, il volume delle merci trasferite da nazione a nazione ha toccato livelli enormi e l’incremento continua, indicando una tendenza dei traffici internazionali ad assumere proporzioni sempre più vaste.

Colonna astrologica
Rue de Viarmes  
Métro Châtelet o Louvre

Addossata all’edificio rotondo della Borsa di Commercio, accanto alla Porte du Louvre del Forum des Halles, si trova una massiccia e imponente colonna alta circa 30 metri, che aveva una funzione astrologica e che faceva parte del palazzo della regina Caterina de’ Medici. Caterina, moglie di Enrico di Valois, duca d’Orléans e re di Francia dal 1547 come Enrico II, dopo la morte del marito, essendo il figlio appena undicenne, assunse la reggenza del trono e mantenne il potere reale con una politica abile e senza scrupoli.  
L’incarico della costruzione del palazzo, avvenuta nel 1572, fu affidato a Jean Bullant, l’architetto che aveva già lavorato alle Tuileries e che aveva costruito una parte del castello di Chantilly. La colonna, appartenente all’ordine toscano per il capitello e all’ordine dorico per il fusto, ha un diametro di 3 metri e sulla sua superficie vi sono diciotto scanalature, separate da costoloni dentellati, sui quali si vede ancora il monogramma di Enrico II. Alla base è visibile un’iscrizione latina, i quattro angoli del capitello segnano i quattro punti cardinali e all’interno della colonna c’è una scalinata do 147 scalini, che prendono luce da strette feritoie. Un tempo, la sua cima era ricoperta da una vetrata, oggi è sormontata da una struttura in ferro. Fu Caterina che chiamò a Parigi Nostradamus, che divenne medico di Carlo IX.  
La colonna è un prezioso ricordo di una residenza reale, che nel XVI secolo divenne un convento.

Giardini Nelson Mandela
Métro RER Châtelet-Les-Halles

Delimitato dalle Halles e dalla Borsa di Commercio e dominato dalla chiesa di Saint-Eustache, che si specchia in una grande superficie riflettente orizzontale, questo giardino presenta numerose originalità. Innanzitutto, il grande orologio solare a fibre ottiche, dal quadrante di bronzo, sul quale ogni quarto d’ora si illuminano i punti luminosi.  
Il giardino, con le sue fontane, i giochi d’acqua, le sculture, i giardini fioriti disposti a terrazza, ha un’architettura molto particolare. Sotto ai ponti in acciaio ci sono le serre, che riparano altre piante e fiori e che permettono di coltivare piante esotiche per le quali è necessario un ambiente climatico diverso da quello esterno. L’impianto di riscaldamento e di umidificazione dell’aria, che permette di mantenere una temperatura appropriata e un giusto grado di umidità e le grandi superfici vetrate che fanno passare molta luce, consentono la coltivazione delle piante tropicali che si possono ammirare dalle passerelle che passano in mezzo alle piramidi di vetro delle serre. Nei giardini c’è anche un’area giochi per i bambini.
La testa scolpita che si trova di fianco alla chiesa si chiama l’Ecoute, è opera di Henri de Miller del 1986.  

Chiesa di Saint-Eustache
Rue Rambuteau
Métro Les Halles

La chiesa ha un’origine curiosa. Il re Philippe-Auguste aveva preso a prestito una somma di denaro da Jean Alais. Anziché restituirla, egli autorizzò l’uomo a prelevare un obolo su ogni paniere di pesce che veniva venduto alle Halles. Con una parte dei molti soldi guadagnati, Jean Alais decise di far costruire, proprio accanto al mercato, una cappella, dedicata a Santa Agnese, la giovane cristiana di Palermo martirizzata nel IV secolo a Roma all’età di 12 anni, durante la persecuzione di Decio o di Valeriano. Anche Eustachio, a cui è dedicata oggi la chiesa che ha successivamente preso il posto della cappella, è stato un martire. Convertitosi al cattolicesimo, egli si era rifiutato di sacrificare agli dei e l’imperatore Adriano lo fece rinchiudere, con la moglie e i due figli, Agapito e Teopisto, dentro a un toro di bronzo arroventato. Forse la cappella aveva ospitato una sua reliquia.
La chiesa è dotata di un organo maestoso. Per i suoi crescendo e diminuendo collettivi, per la sonorità maestosa e solenne, questo strumento aveva affascinato Liszt, Berlioz e Rameau, che lo hanno scelto per i loro oratori. Essi sono venuti di persona a eseguirli, in questa chiesa dall’acustica perfetta. La maggior parte delle chiese di Parigi è dotata di questo strumento musicale che risale alla più remota antichità e che discende probabilmente dalla siringa, lo strumento a fiato formato da una o più canne tenute insieme da cera o corda, usato in Grecia e diffuso in forme varie dei diversi continenti. Forse perché sono stati proprio i monaci francesi, a partire dal IX secolo, che, come quelli tedeschi, si sono occupati della loro costruzione. Gli strumenti avevano un’estrema varietà di registri, che riproducevano in parte le sonorità coloristiche e grandiose dell’orchestra. L’organo moderno, perfezionato nella tecnica e ampliato, ha una grande estensione della gamma sonora e può essere considerato come un complesso di molti strumenti a fiato messi in azione da un solo esecutore, grazie alla tastiera, che mette in azione il meccanismo dei tubi sonori, e che comanda un grande numero di registri. In alto, sul transetto, c’è un quadrante solare che delimita la piccola rosace. La cripta della chiesa ha ospitato per qualche tempo il centro culturale delle Halles. Dal 1989, essa dipende dalla parrocchia di Saint- Eustache.

Chiesa di Saint-Germain-l’Auxerrois
Place du Louvre
Métro Louvre-Rivoli

Questa chiesa in stile gotico, dedicata a Saint-Germain, vescovo di Auxerre, era l’antica parrocchia dei re di Francia. Il 24 agosto 1572, le campane di questa chiesa diedero il segnale del massacro degli Ugonotti, ordinato da Caterina de’ Medici e conosciuto come il massacro di S. Bartolomeo. Durante le guerre religiose del XVI e del XVII secolo, i cattolici avevano soprannominato Ugonotti i seguaci di Calvino, le cui dottrine si erano largamente diffuse in Francia. Ma sotto la questione religiosa si celava la lotta di due grandi famiglie per la successione al trono, nonché le agitazioni dei nobili per la difesa dei privilegi feudali e quelle della borghesia, desiderosa di elevarsi socialmente e di avere un’organizzazione favorevole al commercio. Caterina de’ Medici cercò di svolgere un ruolo di conciliazione fino a quando, dopo un tentativo di estromettere dalla corte i cattolici, ci fu il timore che gli Ugonotti avessero il sopravvento nella politica francese. Questo esasperò i cattolici, che organizzarono l’assalto a un gruppo di protestanti, massacrati nel sonno. La torre campanaria ospita 35 campane e lo scampanio è ripetuto tutti i mercoledì fra le 14.30 e le 15. Il bell’organo del ’700 viene suonato la domenica alle 17, poco prima della messa. Sul settimo pilastro di destra c’è una targa con la scritta: “ In questa chiesa, per desiderio di Willette, realizzato da Pierre Regnault, a partire dal 1926, gli artisti di Parigi, insieme ai loro compagni di tutto il mondo, il mercoledì delle Ceneri vengono a riceverle e a pregare per quelli di loro che sono destinati a morire entro l’anno.” Adolphe Willette (1857-1926) era un pittore e disegnatore, che ha lavorato molto a Montmartre e ha collaborato alla decorazione del cabaret Le Chat noir. In questa chiesa sono inumati molti artisti quali Malerbe, Chardin e gli architetti Lemercier, progettatori della chiesa di Saint-Roch.  
All’esterno della chiesa, sulla sinistra, c’è un bestiario di pietra e sotto alla grondaia centrale, c’è una curiosa scultura, con alcuni topi che fuoriescono da una sfera. L’insieme dovrebbe simboleggiare il mondo divorato dalla miseria. Sopra ai topi, incombe un gatto dalla figura un po’ diabolica.  

Palais-Royal
Métro Palais Royal, Musée du Louvre

Fino al 1642 questo palazzo si chiamava Palais-Cardinal ed era la dimora di Richelieu. Ha preso il nome di Palais-Royal l’anno dopo la morte del cardinale, quando venne ad abitarvi Anna d’Austria. Verso la fine del ’700, il duca d’Orléans, futuro Philippe-Egalité, proprietario del palazzo, fece costruire su tre lati del giardino la galleria di pietra che vediamo ancora oggi, con 60 padiglioni da affittare. Le boutiques conferivano animazione al giardino. Sul quarto lato, c’era una galerie de bois, provvisoria, descritta come ”un ensemble de choses qui tenait du camp de Bohémiens, des baraque d’une foires, des construction provisoires…” (un insieme di cose dall'aspetto di un accampamento di zingari, delle baracche da fiera, delle costruzioni provvisorie). Era conosciuta con il nome di Camp des Tartares e sparì nel 1828, per essere sostituita dalla galerie d’Orléans, anch’essa andata distrutta nel 1935. Queste gallerie divennero un luogo malfamato. “Se trouvaient des baraques, huchettes en planches, assez mal couvertes, petites, mal éclairées… C’était horrible et gai.” (C’erano delle baracche, palizzate di assi, coperte malamente, piccole, mal rischiarate… Era orribile e allegro) ha scritto Balzac. Nel 1793, dopo la decapitazione del duca d’Orléans, il palazzo divenne proprietà dello Stato. Durante la Restaurazione, esso ritornò a Luigi-Filippo d’Orléans, figlio del precedente, che ci abitò con la moglie e i numerosi figli. Fu in questo periodo che il complesso assunse la fisionomia che ha ancora oggi. Nel 1848, durate la rivoluzione di febbraio, gli insorti lo saccheggiarono e lo incendiarono. Lo Stato ne ridivenne proprietario fino al 1854, quando Napoleone III lo confiscò per decreto. Alla caduta dell’Impero, esso tornò, per l’ultima volta, allo Stato.  
Anche il giardino ha subito molte trasformazioni. La prima avvenne nel 1730, quando furono abbattuti i vecchi olmi e gli ippocastani e in uno dei bacini furono installati dei giochi d’acqua. Su di una panca dell’allée Argenson, sul lato orientale, veniva a sedersi Diderot. “Qu’il fasse beau, qu’il fasse laid, c’est mon habitude d’aller vers les 5 heures du soir me promener au Palais-Royal; c’est moi qu’on voit, toujours seul, rever sur le banc d’Argenson" (che faccia bello, che faccia brutto, verso le cinque del pomeriggio ho l'abitudine di andare a passeggiare al Palais-Royale; sono io quello che si vede, sempre solo, sognare sulla panca di Argenson). Nel 1807, il primo piano della galleria occidentale, era occupato dal caffè delle Milles-Colonnes, In realtà le colonne erano solo trenta, ma venivano moltiplicate da un gioco di specchi che le riflettevano all’infinito. La moglie del proprietario era conosciuta come la Belle Limonadière e con la sua avvenenza attirava frotte di clienti, fra i quali Walter Scott. C’era anche una piccola sala per gli spettacoli di fantocci, i Fantaccini, dove dava rappresentazioni l’italiano Castagna. A nord c’era - e c’è - la galleria di Beaujolais, con il ristorante Grand-Véfour, tuttora esistente, dove si ritrovavano personaggi come l’esploratore Humboldt, Lamartine e Sainte-Beuve. Accanto, c’era il caffè du Caveau, o du Perron, famoso luogo di ritrovo e di scontro delle due fazioni musicali dei gluckisti, i seguaci di Gluck, e dei piccinisti, i seguaci di Piccini. Si può dire che la Rivoluzione sia nata nel cortile di questo palazzo il 13 luglio 1789, quando Camille Desmoulins, salito su di un tavolo del caffè de la Foy, ha chiamato i cittadini alle armi. Dopo aver scelto come simbolo il colore verde, ha staccato le foglie dagli alberi per usarle come coccarde.  
Il giardino ha assunto la sua attuale fisionomia alla fine del regno di Carlo X.  

Cannone di Palais Royal
Giardini del Palais Royal
Métro Palais Royal  

Oltre le colonne di Buren - quella distesa di tronchi di cilindro simili alle pedane su cui un tempo i vigili dirigevano il traffico agli incroci e che a Parigi hanno creato scandalo per il loro costo elevato – su un cippo di granito, c’è un piccolo cannone, che discende dal primo cannone-cronometro installato qui, sulla linea del meridiano di Parigi, dal signor Rousseau nel 1786 e che era rimasto qui fino al 1914. Allora era il sole che a mezzogiorno, nel periodo da maggio a ottobre, colpendo una lente posta sopra a uno stoppino, ne faceva scattare la messa a fuoco. Oggi è uno dei guardiani che, a mezzogiorno in punto, dà fuoco alla miccia.

Fontana di Place du Châtelet
Métro Châtelet

La piazza du Châtelet si chiama così perché qui, fino al 1802, sorgeva un una piccola fortezza militare. Nella parte ovest del castelletto c’era un distaccamento di gendarmeria, con compiti di polizia militare. Il comandante della polizia era il personaggio più importante della capitale dopo il re. In quest’ala della fortezza c’era anche la morgue, dove erano esposti i cadaveri degli annegati e degli uccisi la notte precedente – nel XVIII secolo erano una quindicina per notte – dopo che erano stati lavati e coperti con un sudario dalle filles hospitalières de Sainte-Catherine. Nella parte est della fortezza c’era un’altra morgue, una sala nella quale gli agenti di polizia esaminavano con grande attenzione i prigionieri, per essere in grado di riconoscerli in caso di necessità. C’erano anche le prigioni degli accusati di reati comuni in attesa di giudizio. Chi veniva destinato alla detenzione nelle fosse dei bassifondi, veniva calato con delle corde e delle carrucole in una cavità a forma di imbuto rovesciato, con il pavimento allagato. Il detenuto non poteva né sedersi né sdraiarsi né appoggiarsi al muro, per via dell’inclinazione. Sono stati molti i prigionieri illustri dello Châtelet. Francois Villon, il poeta del ’400 dalla vita disordinata, che venne condannato all’impiccagione dal comandante della polizia di Parigi, condanna che gli ispirò la famosa Ballade des pendus e che fu poi commutata in bando. il bandito Cartouche, capo di una banda di ladri, che morì arrotato, cioè legato supino alla ruota girevole dopo che gli erano state spezzate le membra. Clément Marot, il poeta francese protetto di Margherita di Navarra, sorella di Francesco I, imprigionato nel 1526 perché sospettato di luteranesimo, autore di epigrammi, egloghe ed elegie, piene di vivacità e sensibilità – chi imita il suo stile è chiamato marotique – che allo Châtelet compose il suo Enfer e che morì povero e dimenticato nel 1544 a Torino, dove si era rifugiato.  
La piazza, con i due teatri, è nata nella seconda metà dell’800. La fontana, firmata Henri Jacquemart, pesante 24 tonnellate, è stata costruita quando a Parigi dilagava l’egittomania, nell’asse del boulevard Sébastopol, che allora non esisteva. Nel 1858, quando fu aperto il boulevard, il monumento venne messo su rotaie e trasportato per i dodici metri che lo separavano dalla sede predestinata. E’ sormontata da una colonna il cui piedestallo è decorato con quattro sfingi, le figure ibride composte da un corpo leonino e da una testa umana, con il particolare copricapo linteo, di cui due bande cadono sulle spalle e sul petto. Gettano acqua dalla bocca e hanno dimensioni molto più modeste di quella di el-Ghiza, che è alta 20 metri e lunga 57.

Tour Saint-Jacques
Square de la Tour Saint-Jacques
Métro Châtelet

La torre San Giacomo sorge solitaria sul piano antistante il Théâtre de la Ville, il teatro di Sarah Bernhardt. È uno di quei monumenti davanti ai quali si passa senza degnarli/prestarvi di molta attenzione e senza sapere nulla di essi. Da qui partivano, nel Medioevo, i pellegrini ridetti a Santiago di Compostela. A quel tempo, essa era il campanile della chiesa Saint-Jean-de-la-Boucherie, così chiamata per via della vicinanza con la Grande-Boucherie, sulla cui sommità c’era una statua di S. Giacomo, che mostrava il cammino ai pellegrini. Costruita nel 1060, la chiesa fu demolita nel 1797 e attorno al suo primo campanile c’erano delle loggette/piccole capanne per scrivani pubblici. La chiesa aveva un portale fatto costruire da Nicolas Flamel e nel timpano c’era un bassorilievo che lo rappresentava nel suo costume di scrittore juré, inginocchiato ai piedi della Vergine insieme alla moglie. Nicolas Flamel è stato il più famoso benefattore di questa chiesa. Oltre a essere scrittore juré giurato, era calligrafo, miniatore, pittore, disegnatore e libraio. Grazie a tutti questi lavori, accumulò una fortuna, che usò per costruire la casa del Grand-Pignon, in rue Montmorency, dove alloggiava gratuitamente i poveri.  
La tour Saint-Jacques fu costruita fra il 1508 e il 1522, sotto ai re Luigi XII e Francesco I e la sua parte inferiore era incorporata nella navata della chiesa, che dopo la Rivoluzione era stata adibita agli usi più diversi. Nel 1648, Pascal vi conduceva degli esperimenti barometrici, sulla misurazione del peso dell’aria, e una sua statua lo ricorda. Nel 1836, la Ville de Paris ha ricomprato la torre da un fabbricante d’armi che vi aveva installato una fabbrica di pallini di piombo, facendo colare dall’alto il piombo incandescente che nella caduta si solidificava in pallini sferici.

La Samaritaine
Rue du Pont Neuf, 19
Métro Pont Neuf, Louvre, Rivoli, Châtelet  

La Samaritaine era un grande magazzino fondato nel 1870 da Ernest Cognacq, il creatore dell’omonimo museo di rue Elzévir, nel III arrondissement. Il supermercato ha chiuso i battenti nel 2005 e l’edificio è stato ristrutturato e destinato ad altro uso. In una parte di esso c’è un hotel di lusso, nel resto ci sono uffici, negozi e alloggi popolari.
E’ interessante conoscere l’origine del nome, che è stato mantenuto. Anticamente veniva chiamata così una vecchia pompa situata sul Pont Neuf, sulla quale era raffigurato l’incontro di Gesù con la Samaritana al pozzo di Giacobbe, citato dall’Evangelista Giovanni.

Pont Neuf
Métro Pont-Neuf

Alla voce ponte, il dizionario dice: “Manufatto tramite il quale una via di comunicazione può superare un corso d’acqua,una vallata, una via preesistente”. Da sempre, il ponte è un simbolo di unione e una metafora di pace e la sua distruzione presagisce quello che succede quando si vogliono innalzare barriere e creare confini.  A dispetto del nome, il Pont-Neuf, che collega l’isola della Cité alla terraferma, è il ponte più vecchio di Parigi. La prima pietra è stata posata da Enrico III la sera del 31 maggio 1578, in presenza della regina madre Caterina de’ Medici. Il ponte era senza case e aveva i gradini per i pedoni, che attraversandolo vedevano la Senna. Su di esso stazionavano gli ambulanti, i cavadenti, i saltimbanchi, i cantanti… La sua costruzione è avanzata lentamente ed ha avuto termine solo nel 1605. Il corpo del ponte è lo stesso ancora oggi, malgrado i restauri di metà ’800.
La punta dell'isola della Cité indica l'antico livello del fiume e fa vedere di quanti metri il suolo si sia innalzato dai tempi di Lutezia. Sulla sua punta verdeggiante c’è una statua equestre dedicata a Enrico IV - soprannominato Vert Gallant per le sue avventure amorose - che ha una storia curiosa. Ferdinando, granduca di Toscana, aveva fatto colare in bronzo un cavallo colossale, con il proposito di issarvi la sua effigie. Purtroppo morì prima che il progetto si realizzasse. Nel 1613, il cavallo è stato inviato in dono a Maria de’ Medici, ma il battello che lo trasportava da Livorno è colato a picco presso le coste della Sardegna e la statua è finita in fondo al mare. Un anno dopo fu ripescato e trasportato a Parigi, dove fu issato sul piedistallo di marmo dove si trova ancora adesso. Rimase senza cavaliere fino al 1635, quando Luigi XIII vi fece collocare una statua di suo padre, che venne però abbattuta. La statua attuale fu fatta installare nel 1818 da Luigi XVIII.
In estate, è meraviglioso sedersi sul bordo del fiume, all’ombra dei salici, e lasciar penzolare le gambe verso l’acqua. Non lasciate l’isola senza aver visto l’incantevole Place Dauphine - che si chiama così in onore del giovane delfino, futuro Luigi XIII, che aveva allora sei anni - fatta costruire nel 1607 da Achille de Harlay, che ha conservato abbastanza la sua forma iniziale, malgrado che le case siano state ricostruite. In particolare, è stato demolito solo il lato est, che comunicava con rue de Harlay attraverso un’arcata monumentale.

Chiesa di Saint-Roch
Rue Saint-Honoré, 296
Métro Tuileries, Piramydes.

Questa chiesa è una delle più grandi e più ricche di dipinti e di sculture della capitale. Essa rimpiazzava una cappella dedicata a Sainte-Suzanne-de-Gaillon. St. Roch era il santo che si invocava durante la peste, un pericolo sempre in agguato sui pendii delle colline di St.Roch e des Moulins. La prima pietra fu posata da Luigi XIV nel 1653 e la costruzione è stata molto lenta. La chiesa fu consacrata solo nel 1740.  

Il 5 ottobre 1795, 13 vendemmiaio (primo mese del calendario rivoluzionario francese) dell’anno IV, Napoleone Bonaparte ha ricevuto da Barras l’ordine di reprimere l’insurrezione realista che minacciava le Tuileries, sede della Convenzione. I realisti avevano preso posizione sui gradini davanti alla facciata di questa chiesa. Il combattimento è iniziato alle quattro del pomeriggio. Napoleone lo racconta così: “Venne dato l’ordine alle batterie di far fuoco; un pezzo da otto iniziò il fuoco al vicolo cieco Dauphine. Dopo diverse cariche Saint-Roch fu presa. Alle sei tutto era finito. La maggior parte dei morti e dei feriti erano davanti alle porte di Saint-Roch.” E per rifarsi di tutti i proiettili che aveva dovuto usare per la carneficina, Napoleone ha dato l'ordine ai suoi soldati di smontare le canne dell’organo per farle fondere.
Fino alla Rivoluzione, la facciata, a cui si accede salendo tredici gradini, era molto ricca di decorazioni. C’erano due ordini di colonne doriche e corinzie e sul frontone triangolare, in alto, erano scolpiti lo stemma del re e una croce con due angeli. Le statue di san Rocco, sant’Onorato, santa Clotilde e santa Genoveffa, che vediamo oggi, sono moderne. All’interno, la chiesa ha la particolarità di avere tre cappelle nel prolungamento del coro. Nella prima, dedicata alla Vergine, c’è una grande tela raffigurante l’Assunzione. La seconda cappella è dedicata all’Adorazione, la terza, che sorge sul luogo dell’antico cimitero, al Calvario. L’altare, sormontato da un Cristo in croce, è scolpito in un blocco di roccia.  

Saint-Roch è la parrocchia degli artisti, degli scrittori e della gente di teatro. Essa contiene un dipinto curioso, dal titolo: ‘il Battesimo dell’eunuco della regina d’Etiopia da parte di S. Filippo e S. Francesco Saverio, apostolo dell’India e del Giappone’. Un’altra curiosità è la cattedra sostenuta dalle quattro virtù cardinali, la Forza, la Temperanza, la Prudenza e la Giustizia, scolpita nel 1940 da Challe, che ha utilizzato delle travi di quercia provenienti dalla carpenteria del palazzo del Louvre. Sul paracielo del pulpito è rappresentato ‘Il genio della Verità mentre solleva il velo dell’errore’. Insieme a Corbeille, Desmarets e Diderot, qui è sepolto anche André Le Notre.

Colonna di Place Vendôme
Métro Opéra

Luigi XIV, dietro suggerimento di Louvois, aveva deciso di far costruire una piazza, che fosse di ornamento alla città e di utilità per la circolazione nelle vie vicine, sul luogo in cui sorgeva l’Hôtel de Vendôme. I palazzi costruiti attorno alla piazza di forma ottagonale, chiamata Louis-le-Grand, dovevano fare da scenario alla statua equestre del re in costume romano e parrucca. La statua, inaugurata il 13 agosto 1699, aveva un braccio teso verso il convento dei cappuccini e questa posizione ha dato il pretesto per un epigramma, secondo il quale il re voleva ridurre i suoi sudditi nelle stesse condizioni di povertà in cui vivevano i frati, per renderli degni del paradiso. La statua è stata abbattuta nel 1792 e inviata in fonderia. Fra il 1806 e il 1810, sul suo piedistallo di marmo è stata eretta una colonna di 43 metri, che celebrava la gloria di Napoleone e l’eroismo dei suoi soldati ad Austerlitz. Il modello per i bassorilievi in bronzo che, avvolgendosi in ventidue giri a spirale attorno a un fusto in muratura, raffigurano i momenti salienti della campagna del 1805, è stata la colonna Traiana di Roma. Per fabbricarli, Napoleone ha fatto fondere 250 cannoni trafugati all'esercito russo e austriaco. La colonna, sormontata dalla statua dell’Imperatore in costume romano, inaugurata il 15 agosto 1810, era chiamata colonna d’Austerlitz. Nel 1871, la piazza è stata denominata Internazionale e la colonna è statadistrutta dagli insorti della Comune, con in testa il pittore Gustave Courbet. Per questo atto, Courbet è stato imprigionato a Sainte-Pelagie e condannato a pagarne la riedificazione. La multa lo ha ridotto in miseria.  
La colonna che vediamo oggi è del 1874 e la statua di Napoleone è una riproduzione fatta fare da Napoleone III.  

Rue Montorgueil
Métro Halles o Sentier

Il nome Montorgueil deriva da Mont orgueilleux, che, a sua volta, deriva da Mons Superbus.  
E’ stata a lungo il centro del mercato delle ostriche, il punto di arrivo dei molluschi freschi provenienti dall’Atlantico. Oggi, è il centro della gastronomia e del commercio alimentare e i suoi negozi espongono un mélange di prodotti cinesi, arabi, italiani e francesi tipici. La via è segnalata da un grande arco verde di ferro, con la scritta Marché Montorgueil in lettere dorate.  
Una delle attrattive di questa via sono le vecchie insegne, che per i nostri antenati facevano le veci dei numeri civici. Le prime sono state quelle degli alberghi, che consistevano in una manciata di paglia appesa sulla porta. A partire dal XIV secolo, i negozi avevano delle insegne di latta lavorata e dipinta. I cavadenti appendevano all’estremità di un bastone di ferro un molare delle dimensioni di una poltrona, i profumieri attaccavano un grosso guanto. Più tardi, sono venuti i pannelli illustrati.  
Sopra al n° 9, vicino alla chiesa di St. Eustache, c’è un bassorilievo di travertino, che raffigura un quarto di luna e che corrisponde al cabaret Au croissant. (Nel XII secolo, croissant indicava il tempo durante il quale la luna cresce, poi è passato a indicarne la forma incavata, poi, per estensione, ha designato ogni forma arcuata simile alla falce di luna.) Di fronte, al n° 38 c’è L’Escargot, un ristorante aperto nel 1832 con una grande lumaca dorata e tante lumache più piccole come insegna. L’ingresso del ristorante ha un bel soffitto dipinto, che proviene dall’hôtel particulier di Sarah Bernhardt. Al n° 10-12, al centro di una facciata rivestita di legno color azzurro, c’è una ceramica con la scritta Au planteur, sulla quale è raffigurato un negretto che porta il caffè al proprietario della piantagione. Un’altra scritta sottostante dichiara categoricamente Aucune succursale.  
Al n° 15 c’è la targa Chocolat à l’ancienne e al n° 17 la scritta Passage de la reine de Hongrie. Al n° 10 dell’attigua rue Tiquetonne, bellissima via pavimentata, fra due balconcini pieni di fiori e di enormi piante di edera, c’è un bassorilievo settecentesco, A-l’arbre-à-liège, All’albero da sughero. Al n° 51 di rue Montorgueil vi sono alcuni utensili di stucco, che facevano parte dell’insegna dell’architetto che ha costruito le serre del Jardin des Plantes. Accanto, vi è la prestigiosa pasticceria Stohrer, fondata nel 1730. Nella vetrina di sinistra ci sono i dolciumi, in quella di destra le prelibatezze come il confit de canard, la carne di anatra, o i carciofi alla norvegese. Questo negozio ha una storia interessante. Nel 1775, quando Maria Leczynska si è sposata con Luigi XV, ha portato con sé il cuoco pasticciere Stohrer. Cinque anni dopo, egli ha aperto questa pasticceria, dove i nobili e i ricchi venivano a prendere il tè e a mangiare il babà. Le pareti e il soffitto sono ricoperti di fixés, i dipinti di stoffa incollati su vetro.  
Al n° 78, all’angolo con rue Greneta, c’è l’insegna del ristorante ottocentesco Le rocher de Cancale, frequentato un tempo da Dumas, Gautier, Sue e Balzac che ha immortalato i frutti di mare serviti in questo locale nella Comédie Humaine. L’insegna è di ghisa e rappresenta uno scoglio, a cui sono attaccate delle ostriche con la conchiglia nerastra e rugosa.  



A volte, le ostriche erano servite direttamente sulle bancarelle e al n° 61-63 il traiteur Au rocher d’Etretal teneva il banco di vendita della Società delle ostriche. Nel cortile dell’albergo Le compass d’or c’era una tettoia per ospitare le diligenze.  
Al n° 22 di rue Dussoubs c’è un cortile con al fondo una bella balaustra semicircolare di ferro battuto e una statua di ferro in mezzo a due piante basse. Per i nostalgici, all’angolo con rue Bellan, c’è la sede del partito socialista tutta dipinta di rosso cupo. Sull’insegna un po’ arrugginita – un segno dei tempi? – c’è la scritta Parti socialiste e una mano che regge un garofano rosso. All’angolo di rue St. Sauveur con rue Dussoubs c’è il Mur des Vents, un’opera di Pierre Comte, del 1974, formata da una sessantina di riquadri colorati disposti lungo la parete, fissati in modo da muoversi al minimo alito di vento. Osservate anche le antiche porte di legno e di ferro battuto. In place Goldoni, su rue Dusqules, c’è il teatro comico e per bambini Le mélo d’Amelie. Nel Passage du Grand Cerfs, di fronte, ci sono artigiani e boutiques di borse, ceramiche e gioielli e negozi di arte africana.

Il museo del Louvre è tutt’altro che un luogo insolito e sconosciuto, anzi, è uno dei più celebri al mondo, ma non si può non andare a vedere le opere d’arte ivi esposte e i manufatti di grande valore storico che contiene...
E all’uscita è d’obbligo andare a prendere un dolce e a bere una cioccolata calda nella vicina sala da tè Maison Angelina, al numero 226 di rue de Rivoli...


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