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luoghi insoliti e curiosi
Graziella Martina
Parigi
di
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 VI arrondissement
 
C’era una volta una cappella…
 Square Laurent-Prache
 Métro Saint-Germain-des-Prés
 
Nello spazio erboso di fianco alla chiesa di Saint-Germain-des-Prés sono disseminati alcuni archi, colonne e lastre di pietra. Sono i resti di una cappella dedicata alla Vergine, edificata verso la metà del 1200 dall’architetto Pierre de Montreuil in senso perpendicolare a rue de l’Abbaye e rasa al suolo all’inizio dell’800. Sono stati recuperati solo gli elementi architetturali che vediamo ancora oggi. Su una delle lapidi, c’è una scritta quasi illeggibile, che dice: “Fragments de la Chapelle de la Vierge…”. Nell’absidiola dietro l’altare sono conservate due vetrate dell’antica chiesa di Saint-Germain, mentre il portale si trova nel giardino del museo di Cluny.
 
La scultura che sorge nella piazza antistante la chiesa, all’angolo con rue de l’Abbaye, è di Picasso ed è stata creata in memoria dell’amico Guillaume Apollinaire, il poeta che fu uno degli animatori e teorici del movimento cubista.
La chiesa attigua è quella di Saint Germain des Prés, uno dei primi edifici in stile gotico della capitale. Non è inserito nella guida, perchè non è un luogo insolito e sconosciuto.
Anche il caffè Les Deux Magots, che si trova di fronte, è tutt’altro che poco conosciuto, è un luogo turistico, ma è anche un caffè storico e una leggenda letteraria. E’ molto piacevole sedersi nella sua terrasse a gustare una straordinaria cioccolata calda, fatta à l’ancienne.

Museo Delacroix
Rue de Furstenberg, 6
Métro Saint-Germain-des-Prés
 
«Mon logement est décidément charmant… La vue de mon petit jardin et l’aspect riant de mon atelier me causent tuojours un sentiment de plaisir. » e ancora : « Mon atelier me plaît, j’y travaille bien.». In questo piccolo appartamento d’angolo – camera da letto, salone e biblioteca - dall’atmosfera intima, trasformato in museo, Delacroix visse gli ultimi anni della sua vita, dal 1857 al 1863. Vi si era trasferito per essere vicino alla chiesa di Saint-Sulpice dove, a partire dal 1847 era stato incaricato di eseguire gli affreschi della cappella dei Saint-Anges. Nell’atelier di pittura di questo artista “freddamente deliberato – come ha detto il suo amico Baudelaire – a cercare i mezzi per esprimere la passione nella maniera più visibile”, sono conservati i suoi strumenti di lavoro, il cavalletto, la tavolozza e le scatole di zinco dei colori. Vi sono anche degli oggetti personali, delle lettere, dei documenti, dei bozzetti e alcuni suoi quadri, che ne rivelano la predilezione per i temi letterari ed esotici dipinti con colori brillanti e con grande libertà espressiva. Sono riprodotte alcune pagine del Journal, scritto fino alla morte, che ci fornisce un’immagine della coscienza critica, della sensibilità moderna e della curiosità di questo grande maestro dell’età romantica. Sotto agli alberi del bel giardino silenzioso il vecchio maestro, ammalato, ha tracciato gli ultimi schizzi da cui è uscito il capolavoro di Saint-Sulpice.
Al centro della piazzetta antistante la casa vi sono alcuni alberi di catalpa dai grandi fiori bianchi.
 Cloître de l’Ecole des Beaux-Arts
Chiostro della Scuola di Belle Arti
Rue Bonaparte, 18
Métro Saint-Germain-des-Prés
 
Il cortile della scuola di Belle Arti di via Bonaparte era l’antico chiostro del convento dei Petits-Augustins, installati qui nel 1613 dalla regina Margot. Lo statuto di questo ordine si ispira agli scritti tracciati nel ’400 da S. Agostino sulla vita comunitaria, ai quali è stata data forma schematica con il nome di Regola di S. Agostino, in cui si dà sviluppo alla vita contemplativa e al lavoro di cultura. Nel 1790 il monastero è stato chiuso e Alexandre Lenoir ne ha fatto la sede del Museo dei Monumenti francesi, collocandovi tutte le opere d’arte che era riuscito a sottrarre al furore rivoluzionario. Dell’antico complesso religioso rimangono la cappella e il chiostro, con un portico quadrato, delimitato dai pilastri poggianti su di uno zoccolo continuo. Un tempo, nel muro si aprivano gli accessi alla chiesa e ai vari locali del convento e nei vialetti del giardino con la fontana al centro, i monaci passeggiavano e leggevano. Questo ambiente circoscritto e separato dall’esterno, che conserva gli elementi architettonici di un tempo, è disseminato di statue e bassorilievi eseguiti dagli allievi della scuola di Belle Arti.
Nell’aula magna dell’Istituto c’è un affresco che raffigura tutti i più grandi artisti dell’antichità.
Nella vicina rue des Beaux-Arts, al n° 13, c’è l’edificio in cui morì Oscar Wilde. Allora, era un misero alberghetto, oggi è uno dei palazzi più eleganti della città.
 
Institut de France
Collège des Quatre-Nations
Quai de Conti, 21
Métro St-Germain-des-Prés
 
Un lascito di due milioni del cardinale Mazarin era destinato alla costruzione di un collegio per l’insegnamento delle scienze, delle arti, dell’equitazione e delle armi a sessanta borsisti fra i dieci e i quindici anni, figli di gentiluomini nobili, provenienti dalle regioni che durante il suo governo erano state riunite alla Francia e cioè: dal territorio di Pignerol (Pinerolo), dall’Alsazia, dalla Fiandra e dall’Artois. Il collegio, detto delle Quattro Nazioni, sorgeva sull’area dell’Institut de France. Sul fregio del frontone portava l’iscrizione: Jul. Mazarin S.R.E. Card. Basilicam. Gymnas. MDCLXI”. L’apertura ha avuto luogo nel 1688, ma nel 1793 esso è stato trasformato in casa di reclusione, dove sono stati detenuti anche Guillotin e il pittore David.
Il primo cortile, di forma ottagonale, ha mantenuto il suo aspetto di un tempo. A sinistra c’è l’ingresso alla biblioteca Mazarine. Sui pilastri corinzi del portico poggia un frontone, su cui sono raffigurati due soggetti allegorici e lo stemma di Mazarino. Sul secondo cortile, che era quello di ricreazione, si affacciavano le stanze degli studenti, poste al terzo piano, che erano spesso perquisite alla ricerca di liquori e libri proibiti e nelle quali gli allievi venivano chiusi a chiave alle nove di sera.
Nel 1552, Luigi Gonzaga, che dopo il matrimonio con Henriette de Clèves aveva preso il nome di duca di Nevers, aveva fatto costruire sul Quai de Conti l’Hôtel de Nevers. Nelle sue stanze, Henriette de Clèves ha avuto una relazione con un gentiluomo piemontese di nome Coconnas, che è stato poi accusato di complotto e decapitato nel 1574. La principessa ha conservato la testa di lui, imbalsamata, accanto al letto. Settant’anni dopo, la nipote Maria-Luisa Gonzaga piangeva nella stessa stanza la tragica fine del suo amante, il marchese di Cinq-Mars, a cui ella aveva promesso la mano se avesse rovesciato Richelieu. Il cardinale, però, lo ha fatto decapitare prima che potesse attuare il suo piano. Nel 1641, il palazzo è stato demolito per ordine della principessa.
Non è semplicissimo entrarvi, dato che non è aperto al grand public, ma dal ponte piétonnier di fronte se ne può ammirare la maestosa facciata. Abbiamo ritenuto interessante menzionarlo per la sua storia legata al nostro paese.
 
Hôtel de la Monnaie
Quai Conti, 11
Métro Saint-Michel, Pont Neuf, Odéon

Sulla facciata dell’edificio settecentesco in cui ha sede il museo delle monete c’è una targa di marmo nera, sormontata dallo scudo di Francia, con le figure dell’Abbondanza e della Fede e con la scritta: “Le ricchezze, che l’Abbondanza lascia cadere dalla sua grande cornucopia, sono esaminate con attenzione scrupolosa dalla Fede”.
La collezione del museo è formata da duemila monete d’oro, d’argento, di bronzo, di rame, d’alluminio. Fra di esse ci sono: lo statere, la moneta greca d’oro e d’argento che ha avuto massimo corso dal VI al IV secolo a.C.; il denaro, la moneta d’argento posta da Carlo Magno a base del suo sistema monetale; il sesterzio, la piccola moneta romana d’argento e di bronzo; il luigi, la moneta d’oro francese coniata per la prima volta dal re Luigi XIII nel 1640; lo scudo d’oro o d’argento portante su una faccia lo scudo del principe o dello Stato emittente.
 
Di fianco all’entrata c’è la statua di Condorcet (1743-1794). Dal numero 10 al 14 della vicina rue Mazarine c’era un jeu de paume – una sala della pallacorda - detto dei Métayers. Jean-Baptiste Poquelin, in arte Molière, l’aveva affittata per installarvi la sua troupe di attori dilettanti battezzata l’Illustre Théâtre. Purtroppo, la compagnia ha fatto cattivi affari e ha dovuto andarsene. Al n° 28 della stessa via abitava Jean-Francois Champollion, lo scopritore del significato dei geroglifici egizi sulla stele di Rosetta.
 
Un campione di metro
Rue de Vaugirard, 36
RER Luxembourg
 
Fra le cose che la Rivoluzione ha abolito ci sono le unità di misura differenti. Il metro è stato definito come la decimilionesima parte della distanza che separa il Polo Nord dall’Equatore e gli astronomi Delambre e Méchain hanno affrontato l’impresa di stabilire con la più alta precisione il quarto di meridiano. Nel 1795 l’unità di lunghezza del metro è stata riprodotta con due tacche su una sbarra di platino, che avrebbe voluto rappresentare la quarantamilionesima parte del meridiano terrestre. Però vi sono stati errori nella determinazione ed essa è risultata più corta di quello che avrebbe dovuto essere. Ciononostante, nel 1875, la Convention du Mètre ha deciso di tenere come campione di lunghezza quella indicata dalla sbarra e, per aiutare la popolazione a familiarizzarsi con il nuovo sistema di misurazione, ha fatto piazzare in diversi punti della città 16 metri campione. Sotto al portico del numero 36 di rue Vaugirard, dove c’era la sede dell’agenzia di Pesi e Misure, è collocato uno degli ultimi due rimasti.
 
Muro di cinta di Philippe-Auguste
Rue Mazarine, 27
Métro Odéon, Mabillon

Prima di partire per la terza crociata, Filippo Augusto ha deciso di costruire un muro di cinta difensivo per mettere Parigi e i suoi 190.000 abitanti al riparo dalle invasioni nemiche. Il muro, che inglobava gran parte della città, dei terreni incolti e dei vigneti, è stato iniziato nel 1190, è stato prolungato dieci anni dopo e terminato nel 1213. E’ stato utilizzato per un secolo e mezzo, prima di essere rimpiazzato da quello di Carlo V, ma non è stato mai demolito. Ne rimangono alcune parti in vari punti della città.
Altri resti del camminamento si trovano all’interno del passage Dauphine, che è una gradevole oasi di quiete e di silenzio con piante aromatiche, di ulivo e di fichi.
 
Cour de Rohan
Rue Jardinet
Métro Odéon

Sul luogo dell’Hôtel Renaissance che si vede oggi, fino al 1584 c’era la residenza parigina dei vescovi di Rouen. Nel cortile centrale ci sono una fontana in ferro battuto e un pas-de-mule, l’ultimo montatoio per salire a cavallo rimasto in città. In quello attiguo, particolarmente pittoresco, che comunica con la Cour du Commerce St-André, sono visibili dei frammenti dell’antica cinta muraria di Filippo Augusto.
Lungo la vicina rue St. André des Arts c’è una bella galleria denominata des Arts et du Commerce.
Le Procope
Rue de l’Ancienne-Comédie, 13
Métro Odéon
 
Il Café Procope è stato fondato nel 1684 da Francesco Procopio dei Coltelli, un nobile siciliano venuto a cercar fortuna a Parigi. Ben presto il caffè è diventato il luogo d’incontro preferito degli artisti della vicina Comedie Francaise e la buvette di critici e intellettuali, fra i quali Voltaire, Rousseau, Diderot e d’Alembert. Durante la Rivoluzione vi si svolgevano le discussioni infiammate di Danton, Marat, Legendre e Desmoulins, che abitavano nel quartiere. L’ordine di attaccare le Tuileries nel giugno e agosto del 1792 è partito da qui. Al tempo del Romanticismo, il caffè era frequentato da de Musset, George Sand, Théophile Gautier e Balzac, più tardi da Anatole France, Huysmans e Verlaine.
Dopo un periodo di eclissi, il Procope ha riaperto i battenti nel 1952. Dal passage du Commerce-Saint-André si può osservarne la facciata posteriore, ornata dei ritratti dei filosofi che lo hanno frequentato. Al n° 8, Marat aveva aperto una tipografia chiamata L’Ami du Peuple.
 
Refettorio del convento dei Cordelieri
Rue de l’Ecole-de-Médecine, 15
Métro Odéon
 
Boire à la Capucine, / C’est boire pauvrement; Boire à la Célestine, C’est boire largement; Boire à la Jacobine, C’est chopine à chopine; Mais boire en Cordelier, C’est vider le cellier.” Sotto all’Ancien Régime, i frati francescani minori erano stati soprannominati Cordeliers per via della corda di canapa con tre nodi che portavano legata in vita. Essi avevano fama di amare la bella vita e di bere del buon vino. Il refettorio, che è un bell’esempio di gotico, faceva parte del convento fondato nel XIII secolo, che comprendeva anche una grande chiesa.
 
Durante la Rivoluzione vi si riuniva il Club dei Cordeliers, creato da Desmoulins, Danton e Marat e il 13 luglio 1793 vi è stato esposto il corpo di quest’ultimo, dopo che la giovane rivoluzionaria Charlotte Corday lo aveva pugnalato mentre faceva il bagno, considerandolo il principale responsabile dell’eliminazione dei Girondini e dell’instaurazione del Terrore. Dal 1835 questo edificio ha ospitato il museo di Anatomia patologica, la scienza che, attraverso l’analisi microscopica e cellulare, studia i traumatismi e le lesioni provocate dalle malattie.
 
Il soffitto di legno, sorretto da pilastri anch’essi di legno, è molto alto. Negli ottocento metri quadri del refettorio si svolgono manifestazioni artistiche e mostre della Ville de Paris. Inoltre, l’Associazione per la Promozione delle Arti del XX° secolo propone spesso delle mostre dedicate alle arti plastiche e grafiche e a tutti i mestieri artistici che abbiano delle relazioni storiche e culturali con Parigi e le altre città europee. Una parte del convento ospita la sede dell’Associazione degli Architetti di Francia.
Missioni di San Vincenzo de’ Paoli
Rue de Sèvres, 95
Métro Vaneau

La cappella della congregazione delle missioni è stata eretta nel 1826 e le vetrate raccontano la vita di saint Vincent de Paul – san Vincenzo de’ Paoli - nato a Pouy, presso Dax, nel 1581, fondatore della Compagnia della Carità. Assisteva i poveri e i carcerati, di cui è stato nominato cappellano e nel 1625 ha formato una comunità di sacerdoti dediti al ministero delle missioni presso i contadini, chiamati i Preti della Missione. Ha creato anche missioni presso l’esercito, i trovatelli, i vecchi e i mendicanti. E’ stato canonizzato nel 1737 e nel 1835 papa Leone XIII lo ha dichiarato patrono delle associazioni di carità note come Conferenze di San Vincenzo.
Dal 1830 le sue spoglie, ricoperte di cera, sono conservate in questa cappella in una cassa d’argento, opera di Odiot.
 
Lo gnomone di Saint-Sulpice
Place Saint-Sulpice
Métro Saint-Sulpice, Odéon
 
Nel 1727, nella chiesa di Saint-Sulpice (curiosità: le torri della facciata hanno un’architettura e un’altezza diverse; la torre sud è incompiuta; le acquasantiere vicino all’ingresso principale, dalla forma di conchiglie di tridacna, sono un dono dalla Repubblica di Venezia a Francesco I) - è stata installata una meridiana.
L’occhio dello gnomone è situato in una lastra collocata su di una finestra a sud del transetto, a 25 metri di altezza. Nel pavimento della navata è incastrata una striscia di cuoio, la cui estremità nord prosegue verticalmente lungo un obelisco di marmo bianco, alto 10 metri. Secondo l’altezza raggiunta dal raggio di sole, si possono determinare alcune date.
 
Musée d’histoire de la médecine
Rue de l’Ecole-de-Médecine, 12
Métro Odéon
 
La collezione di questo museo conta più di seimila pezzi e risale alla fine del Settecento, essendo la più antica d’Europa. Comprende gli strumenti chirurgici usati nell’antichità e quelli adoperati dai celebri chirurghi che hanno onorato questa scienza, di cui, con le cure operative effettuate anche sui campi di battaglia, hanno determinato l'evoluzione e il perfezionamento, facendola diventare parte integrante della medicina. Vi si apprende che è stato sotto il regno di Luigi XV, con la fondazione dell’Accademia Reale di Chirurgia, che é avvenuta la separazione dei veri chirurghi dai barbieri e dai flebotomi vari ed è stato reso possibile il riconoscimento ufficiale di questa specialità.
 
Il museo arriva fino al XVIII e al XIX secolo e allo sviluppo di discipline mediche quali l’anatomia descrittiva e topografica – vi sono delle cere anatomiche che ricostruiscono alcune parti del corpo attaccate da malattie - e la fisiologia. Vi è rappresentata anche la storia della farmacia, con i mobili artistici, l’elegante vasellame del Rinascimento, nel quale venivano riposte le erbe di cui si erano scoperti i principi attivi, i bauletti portatili del XVII secolo, nei quali i farmacisti, che viaggiavano per tutta l’Europa, portavano le loro preparazioni complicate e costose. Vi sono anche strumenti storicamente importanti, come il bisturi del chirurgo di Luigi XIV e la trousse utilizzata per l’autopsia di Napoleone. Fra i rimedi appartenenti a quel particolare indirizzo terapeutico che risponde al nome di omeopatia, ci sono quelli appartenuti al medico di Van Gogh.
Museo Zadkine
Rue d’Assas, 100 bis
Métro Vavin
 
Lo scultore di origine russa Ossip Zadkine che, partito da un’estetica cubista, è evoluto verso una specie di espressionismo barocco e lirico, ha vissuto e lavorato per quarant’anni in questa casa-atelier, un cottage oggi trasformato in un museo con un centinaio di sculture. Una parte delle statue di bronzo, angolose, distorte e piene di buchi, sono sistemate in giardino, in mezzo agli alberi e ai boschetti di bambù. Nelle stanze sono esposti anche i suoi disegni.
 
Museo di mineralogia dell’Ecole des mines
Boulevard Saint-Michel, 60
RER Luxembourg
 
Il museo ha sede nell’Hôtel Vendôme, costruito nel 1707 dall’architetto Jean Courtonne per i certosini e poi affittato alla vedova di Louis-Joseph de Vendôme, di cui ha mantenuto il nome. Durante la Rivoluzione l’edificio è stato venduto e nel 1815 è stato occupato dall’Ecole des Mines. La parte di facciata che si affaccia sul giardino del Lussemburgo, ornata da finestre centinate, è originaria del ’700.
I laboratori della scuola sorgono sull’area del palazzo, dove, durante l’Impero, abitavano il maresciallo Francois-Joseph Lefebvre, duca di Danzica, e sua moglie Catherine Hubscher, una lavandaia conosciuta con il soprannome di Madame Sans-Gêne.
Il museo occupa una lunga galleria di legno e le vetrine che contengono i minerali sono munite di coperchio sollevabile, per proteggerli dalla luce.
Nei giardini a fianco ci sono gli spectacles artistiques delle Marionnettes du Théâtre du Luxembourg, qui amusent petits et grands.
 
 
Frutteto del Luxembourg
Rue Notre-Dame-des-Champs
Métro Notre-Dame-des-Champs
 
 


 

Giscoulette, Pigeonnet de Jerusalem, Delicious, Imperatore, McKintosh, Porter, Baldwin… sono solo alcuni dei nomi scritti sulle targhe accanto alle centinaia di varietà di ‘Rosacee Pomoidee’ di questo frutteto. Varie nel colore, nella forma, sferica o allungata, nelle dimensioni, nel sapore, nel profumo, nella diversa epoca di maturazione, nella differente consistenza della polpa più o meno tenera, esse ci ricordano come la Francia sia fra i paesi maggiori produttori di mele. Questo albero da frutto predilige i climi freschi, ma è adattabile a ogni terreno e a ogni clima, resiste al caldo, al freddo e alla siccità e per questo si è diffuso un po’ dappertutto. In Francia poi, per tradizione, si estrae il succo delle mele e lo si fa fermentare per ottenere il sidro, una bevanda a moderata gradazione alcoolica.
Si entra nel verger del Luxembourg dal cancello su rue Notre-Dame-des-Champs.


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